GARANTIRE LA CONSERVAZIONE DELLA BIODIVERSITÀ IN UN MONDO IN CONTINUO CAMBIAMENTO

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IMPORTANZA DEI FATTORI ABIOTICI NELLA CONSERVAZIONE DELLA NATURA IN UN’ATMOSFERA DI CAMBIAMENTO CLIMATICO

 

Perché è importante proteggere la diversità abiotica

Ad oggi la maggior parte delle pianificazioni in ambito conservativo si sono concentrate sulla tutela della biodiversità con il presupposto che essa rappresenterà anche la biodiversità di domani. Infatti, finora, la maggior parte delle pianificazioni sistematiche di conservazione si sono concentrate sulla tutela dell’attuale distribuzione biotica, privilegiando i luoghi che sono particolarmente ricchi di specie endemiche (Myers et al., 2000) o i gruppi di aree che insieme racchiudono il maggior numero possibile di specie o sistemi ecologici (Margules e Pressey, 2000). Un altro approccio adottato per la conservazione della biodiversità è stato quello di focalizzare l’attenzione sulle aree incontaminate o naturali, ossia meno influenzate dalle azioni umane (Sanderson et al., 2002). In quest’ottica conservativa comune ci possono essere due risultati futuri opposti per la biodiversità: (1) può verificarsi che l’estesa rete di aree protette sia in grado di accogliere la distribuzione delle specie future nonostante i grandi cambiamenti che possono verificarsi (Hole et al., 2009); (2) in alternativa, le attuali aree protette possono risultare inadeguate per preservare la biodiversità futura alterata dai cambiamenti climatici (Araujo et al., 2004; Williams et al., 2012). Infatti, il cambiamento climatico ha già influenzato in passato la distribuzione di alcune specie e si prevede che queste condizioni mutevoli provocheranno molti effetti nei prossimi decenni. Si continuerà così nel tempo ad assistere alla ridistribuzione delle specie e alla riorganizzazione della biocenosi (composizione della comunità vegetale ed animale) (Williams et al., 2001).  Sulla base di questa previsione, i piani di conservazione che utilizzano come riferimento la composizione odierna della biodiversità potrebbero non riuscire a proteggere adeguatamente la biodiversità in futuro (Williams et al., 2012). Un approccio per affrontare questo problema è quello di concentrare il processo di pianificazione della conservazione, innanzitutto, sulla salvaguardia di una serie di condizioni abiotiche (clima, geologia, topografia), ossia selezionando, in base alla distribuzione e combinazione di queste condizioni, determinate aree per proteggere la biodiversità (Hunter et al., 1988; Mackey et al., 1988; Kirkpatrick e Brown, 1994). Queste aree, rappresentando la varietà di condizioni abiotiche attuali, potrebbero fornire la  diversità di ambienti necessaria per sostenere il futuro della biodiversità, anche se dovessero cambiare le condizioni climatiche e le specie in quelle aree (Ackerly et al., 2010; Anderson e Ferree, 2010; Beier e Brost, 2010). In questo modo, sarà possibile conservare uno spettro abiotico ampio e diversificato che potrà permettere alle specie attuali di esistere, su cui l’evoluzione continuerà a fare il suo corso, ma preservando la biodiversità futura. Questo approccio diverso, rispetto a quello biotico, di conservazione della biodiversità può essere applicato principalmente in due modi: (1) la conservazione di aree con diversità abiotica localizzata, che può supportare un numero elevato di specie e può anche consentire alle specie di spostarsi per brevi distanze allo scopo di rintracciare l’habitat più idoneo; (2) la conservazione delle diverse impostazioni abiotiche può garantire che il biotipo  adattato sia rappresentato nei piani di conservazione  presenti e futuri.

In seguito verranno riportate le osservazioni derivate dagli studi in campo ecologico che hanno esaminato il legame tra i fattori abiotici e il clima e come questo influenzi la biodiversità presente in un luogo.

 

Influenza dei fattori abiotici sulla biodiversità

Karl Ludwig Willdenow (1805) fu il primo a riconoscere che il clima ha un ruolo determinante nella distribuzione geografica delle piante, ipotizzando che l’organizzazione vegetazionale seguisse delle zone latitudinali e longitudinali. Questo concetto venne in seguito ripreso e sviluppato da Alexander von Humboldt che per la prima volta creò empiricamente delle mappe che mostravano la corrispondenza tra la vegetazione e l’ambiente abiotico (Jackson, 2009). Ancora, nel 1916, Clements sviluppò la teoria della successione ecologica, secondo la quale le comunità vegetali sono dinamiche fino a che non  raggiungono uno stato di equilibrio che dipende dal clima, dal suolo e dalla geologia del luogo. Nello stesso periodo anche Grinnell sottolineò il ruolo che l’ambiente, plasmato dal clima, dalla morfologia e dalla vegetazione, ha nel dare forma a limiti geografici per le specie ed alla distribuzione di habitat circoscritti. Dallo sviluppo di quest’ultima osservazione si è arrivati, alla fine degli anni 50, al concetto di nicchia ecologica, ossia l’insieme delle condizioni abiotiche e delle risorse necessarie alla sopravvivenza di una specie (Hutchinson, 1959). Queste prime osservazioni e teorie sono state il punto di partenza per le successive ricerche che si sono occupate di investigare come le caratteristiche abiotiche influenzino la biodiversità e la distribuzione delle specie (Francis e Currie, 2003; Tittensor et al., 2010). In particolare, la latitudine, la longitudine, la geografia, il terreno e la conformazione topografica rappresentano le condizioni che più influenzano le caratteristiche abiotiche, come il clima, e la disponibilità di risorse che, a loro volta, determinano la consociazione delle specie. Ad esempio, la conformazione topografica di un luogo, influenzando la sua temperatura e il suo isolamento solare, ha  ripercussioni sul suo bilancio idrico, sulla sua disponibilità di energia e quindi sulla biodiversità (Melo et al., 2009; Qian et al., 2009), e sulla diversificazione abiotica del luogo stesso (Fernandez-Going e Harrison, 2013; Anderson e Ferree, 2010). In particolare, le caratteristiche geologiche (esempio di diversificazione abiotica) determinano la qualità del suolo e dell’ambiente caratterizzando i diversi habitat (Kruckeberg, 2002). Infatti, le caratteristiche geologiche, influenzano le proprietà chimiche e fisiche del terreno e la sua capacità di trattenere l’acqua, oltre ad influenzare il pH, la disponibilità di nutrienti e la concentrazione di tossine del terreno stesso, che possono, a loro volta, influenzare la distribuzione delle specie e la loro evoluzione.

Da queste considerazioni si può affermare che  l’abbondanza e il tipo di consociazione delle specie (vegetali ed animali) sono influenzate, a vari gradi, soprattutto dalle interazioni tra clima, geografia, caratteristiche geologiche e gli esseri viventi presenti nel luogo, dando vita alla diversificazione degli habitat. Inoltre, le caratteristiche abiotiche possono cambiare con latitudine e topografica, il che significa che la fase abiotica può avere bisogno di essere definita in modo diverso nei diversi luoghi.

 

Efficacia dei piani di conservazione della biodiversità

Il cambiamento climatico sta avendo molti effetti sugli ecosistemi e se lo scopo dei piani di conservazione è quello di salvaguardare la biodiversità, è necessario innanzitutto porre l’attenzione su come gli organismi viventi reagiscono al cambiamento delle condizioni ambientali. Per semplificare le dinamiche che accadono tra i fattori abiotici e la biodiversità durante il cambiamento climatico, è utile ricorrere alla metafora del “teatro ecologico”, utilizzata da Hutchinson (1965), nella quale viene rappresentata l’evoluzione delle specie. In particolare, i fattori abiotici rappresentano il palcoscenico, gli animali e le piante sono gli attori e il cambiamento climatico la condizione che influenza le dinamiche tra gli esseri viventi e la loro evoluzione.

Considerando quanto enunciato nel paragrafo precedente riguardo all’influenza che i fattori abiotici hanno nel plasmare la biodiversità, è ragionevole sostenere che proteggendo una diversificazione abiotica sia possibile salvaguardare anche la biodiversità di oggi e di domani. In questo contesto bisogna ricordare che il tasso di cambiamento per la maggior parte degli elementi geofisici (componenti abiotiche) sarà più lento della capacità degli esseri viventi di adattarsi, ma non può essere abbastanza veloce per tenere il passo con gli effetti che il cambiamento climatico avrà nei prossimi secoli. Pertanto, ci possono essere alcuni casi in cui la protezione del “palcoscenico” sarà più efficace per conservare la biodiversità, rispetto ad approcci basati sulla conservazione delle specie.

Quindi in questi casi, la prima domanda da porsi nella progettazione di un piano di conservazione della biodiversità è se le aree selezionate per proteggere determinate condizioni abiotiche saranno in grado di salvaguardare anche le specie, le consociazioni e gli ecosistemi presenti in esse. Questo approccio si è dimostrato essere più

efficace dove la componente abiotica non è stata significativamente modificata dalle attività antropiche (Sanderson et al., 2015). Infatti, il grado in cui gli esseri umani hanno modificato il paesaggio, trasferendo o rimuovendo alcune o tutte le specie (animali e vegetali), influenzerà il successo della conservazione del palcoscenico naturale. Ad esempio, se una regione è dominata in gran parte dallo sviluppo urbano ed agricolo, questo tipo di piani di conservazione, basati sulle impostazioni abiotiche, potrebbero evidenziare delle aree in cui la conservazione abiotica sarà meno efficace e potrebbero, al contrario, non identificare le aree in cui sono rimaste le naturali consociazioni tra le specie. Inoltre, conservare il palcoscenico naturale può essere una strategia efficace dove i fattori abiotici giocano un ruolo predominante rispetto a quelli biotici nel determinare la distribuzione delle specie (Redford e Feinsinger, 2001; Soule et al., 2003).

Quindi, gli sforzi che la conservazione deve affrontare per salvaguardare la biodiversità presente e futura in una fase di continuo e incerto cambiamento climatico, devono tenere conto sia della diversificazione abiotica che della volontà di mantenere in vita le specie animali e vegetali.

 

Riferimenti

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